L’attuale disciplina dei mutamenti d’uso non prevede la categoria pertinenziale e accessoria
Le volumetrie degli spazi ad uso accessorio come cantine, garage e similari non si conteggiano nel dimensionamento urbanistico e negli indici edificatori, perchè strutturalmente inidonee a consentire l’incremento della pressione antropica e insediamento della popolazione residenziale; la natura di questi spazi accessori è di migliorare la qualità della vita della singola unità immobiliare, di cui sono asservite.
Esse sono compatibili con la categoria generale a cui afferiscono e hanno una funzione “mirata” di servizio, ma non sono convertibili in nessun delle altre categorie funzionali tipizzate dal legislatore nell’articolo 23-ter D.P.R. 380/01, compresa quella principale a cui sono asservite. Esempio: il garage esterno di una abitazione, pur facendo parte di un’abitazione, non configura automaticamente destinazione d’uso residenziale vera e propria.
Da qui il condiviso orientamento giurisprudenziale che, non a caso senza soluzione di continuità rispetto all’introduzione della norma nel d.P.R. n. 380/2001, ha da sempre ricondotto il cambio di destinazione d’uso da cantina o garage a civile abitazione tra gli interventi edilizi per i quali è necessario il rilascio del permesso di costruire (vedi tra le tante Cons. di Stato n. 7835/2023, n. 551/2018). Diversamente opinando, si addiverrebbe alla paradossale conclusione che l’introduzione delle categorie urbanistiche omogenee, necessariamente espressa in termini di macro organizzazione sistemica e non di disciplina di dettaglio, si sarebbe risolta in una sostanziale liberalizzazione delle trasformazioni di tutti i locali lato sensu di servizio in residenziali (Cons. di Stato n 3645/2024).(www.studiotecnicopagliai.it)