Nel contesto delle agevolazioni prima casa, il computo della superficie utile di un immobile riveste un’importanza cruciale. È determinante considerare l’utilizzo concreto degli ambienti e la possibilità che essi consentano lo svolgimento delle attività quotidiane tipiche della vita domestica, indipendentemente dalla loro abitabilità in senso giuridico.
Pertanto, è un errore ritenere automaticamente non utili, ad esempio, un piano interrato accessibile mediante scala esterna, o una soffitta che non raggiunga i requisiti di altezza standard per l’abitabilità, se tali spazi vengono effettivamente utilizzati per funzioni essenziali nella vita del “padrone” della casa.
La posizione della Cassazione sugli immobili di lusso
Tenendo conto di tali premesse, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 1° marzo 2025, n. 2503, ha ribadito la legittimità della revoca delle agevolazioni prima casa in un caso relativo a un immobile con una superficie utile complessiva superiore a 240 mq, rientrante quindi nella classificazione di abitazione di lusso.
L’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, aveva recuperato l’IVA applicata in misura agevolata (4%) per l’acquisto dell’immobile, richiedendo il pagamento dell’imposta ordinaria con interessi e sanzioni. L’Amministrazione finanziaria aveva fondato il proprio calcolo sulla superficie utile complessiva, eccedente i limiti previsti dai criteri stabiliti dal D.M. 2 agosto 1969 n. 1072.
Criteri di classificazione per immobili di lusso
La Cassazione ha chiarito che, ai fini della classificazione di un immobile come abitazione di lusso, occorre fare riferimento ai criteri stabiliti dall’art. 6 del D.M. Lavori Pubblici n. 1072/1969.
Questo dispone che rientrano nella categoria di immobili di lusso le unità immobiliari con una superficie utile complessiva superiore a 240 mq, escluse alcune aree quali balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posti auto.
La nozione di “superficie utile complessiva” si basa sull’effettiva utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro abitabilità giuridica. Il criterio si estende a comprendere spazi che, pur con altezze inferiori agli standard, risultano utilizzabili per attività quotidiane proprie della della vita domestica.